Intervista di Antonio Mariotti a Diego Fasolis (Tamerlano alla Scala settembre 2017)

Intervista di Antonio Mariotti a Diego Fasolis (Tamerlano alla Scala settembre 2017)

1.       Il “Tamerlano” è la seconda produzione del complesso barocco dell’Orchestra scaligera da lei guidato, dopo il successo de “Il Trionfo del Tempo e del Disinganno” l’anno scorso. Come giudica lo spazio che viene offerto all’opera barocca nei cartelloni operistici in generale e alla Scala in particolare?

Pian piano anche in Italia si inizia a programmare l’Opera barocca e con grande successo. Sono reduce dal Festival della Valle d’Itria dove abbiamo interpretato con i nostri Barocchisti della RSI un capolavoro di Vivaldi (Orlando Furioso) con enorme successo. Che la Scala decida di dotarsi di un complesso con strumenti storici e che affidi a me e a I Barocchisti la responsabilità di questa operazione è sintomatico. L’opera “seria” barocca come Tamerlano indipendentemente dalla nazionalità del compositore è sempre opera italiana, cantata in italiano. Un patrimonio che il Bel Paese ha tutto l’interesse di valorizzare.

2.       Quali sono le principali peculiarità del “Tamerlano” rispetto alle altre opere composte da Händel che lei ben conosce?

Tamerlano segna una svolta importante nella storia della Musica. Il grande tenore Francesco Borosini, contemporaneo di Händel, fu il primo interprete del grande ruolo di Bajazet. Il titolo dell’opera poteva essere Bajazet (ma anche Andronico, interpretato dal famosissimo castrato Senesino e Asteria suono ruoli importanti) ma Tamerlano era conosciuto in Inghilterra e si tifava per lui. Quest’opera raccoglie solo perle, ogni aria è stupefacente per non parlare dei ricchissimi recitativi e dei numeri di assieme che portano a un commovente coro finale affidato a quattro solisti.

3.       Il regista dell’allestimento scaligero, Davide Livermore, ha scelto un adattamento “antistorico” ambientando la vicenda nella Russia del 1917, questa trasposizione temporale ha una qualche influenza sulla sua direzione musicale?

Il vero teatro musicale deve vedere una costante interazione tra scena e parte musicale. Con Davide abbiamo una lunga amicizia e una grande intesa. Lui conosce e rispetta la partitura e la mia direzione è finalizzata a sostenere un grande spettacolo con più di tre ore di musica senza compromessi.

4.       Per il “Tamerlano” ha l’occasione di collaborare con un grande personaggio della musica quale Placido Domingo: com’è lavorare con lui?

Placido Domingo è una persona di una gentilezza e di una umanità straordinaria. Un mito vivente a cui mi avvicino pieno di ammirazione e di rispetto che trovano una insperata reciprocità. Dopo cinque anni di lavoro con Cecilia Bartoli conosco bene i meccanismi del grande “Show business”. Placido è al di là e al di sopra di questo. Capacità vocali e attoriali assolutamente irraggiungibili. Ama l’Opera in tutte le forme e progetta la sua attività con illimitata fiducia ed entusiasmo.

5.       Quella di martedì prossimo sarà la prima assoluta del “Tamerlano” al Piermarini. Quello scaligero è un pubblico che va “educato” all’ascolto dell’opera barocca, oppure è già pienamente conscio delle sue caratteristiche particolari?

Lo scorso anno abbiamo avuto molti abbonati che giunti un po’ perplessi sono usciti entusiasti. Per le ultime recite di “Trionfo del Tempo” si vendettero ancora migliaia di biglietti. Segno che il “passa parola” era positivo. Un capolavoro oratoriale giovanile ha fatto breccia. Una vera e grande opera della maturità händeliana dovrebbe imporsi senza limiti (se non per la durata generale dello spettacolo che supera abbondantemente le quattro ore).

 

6.       I suoi prossimi impegni spaziano da Berlino a Zurigo, da Losanna a Parigi, dalla Fenice al Regio di Torino, senza dimenticare una tournée in Giappone con il San Carlo di Napoli: la musica è davvero un linguaggio universale capace di imporsi ovunque oppure ci sono contesti, luoghi, teatri che lei predilige?

Subito dopo la Scala e due concerti monteverdiani in Ticino sarò per due mesi a Berlino per la riapertura del Teatro di Stato “Unter den Linden” con il capolavoro di Monteverdi “Incoronazione di Poppea”. Berlino è molto stimolante come lo sono Vienna e Parigi (dove il prossimo anno con I Barocchisti e Philippe Jaroussky interpreteremo una inedita versione napoletana di Orfeo e Euridice di Gluck). Zurigo è un bel teatro e sono felice di tornare a collaborare con Cecilia Bartoli per un’opera di Rossini. Delle grandi sale da concerto e dei teatri apprezzo l’architettura e l’acustica ma in particolare il clima di accoglienza e di collaborazione atta a creare tra direzioni artistiche, interpreti e pubblico quella comprensione e fratellanza umana che assieme all’emozione e alla crescita personali sono la ragione medesima dell’arte musicale, fragile, impalpabile ma sublime.